Se analizzassimo con sincerità i
meccanismi che alimentano il nostro pensiero e che spingono il nostro agire ci
accorgeremmo che sono in gran parte dettati dal pregiudizio e dalla
discriminazione anche se inconsapevole.
La discriminazione, da non
confondere col sano discernimento, segno di accorta valutazione e attenta
riflessione, ma al contrario, trattamento che crea disparità e disuguaglianze,
emarginazione e penalizzazione, ancorchè non concretizzata con fatti brutali
abbatte la qualità della vita favorendo un clima ostile e ripercussioni
psicologiche negative sia nei confronti del discriminato che nei confronti di
chi è costretto a subire situazioni che non condivide anche se non direttamente
interessato.
Discriminazione, ancora da non
confondere con l’errore di giudizio, esercizio di quotidiana e normale
fallibilità umana, sbaglio che è impossibile correggere ed eliminare
dall’elenco delle nostre imperfezioni.
I preconcetti invece sono giudizi
costituiti prima di fare una valutazione oggettiva, generati su stati d’animo
irrazionali e quindi si possono eliminare dal nostro modo di ragionare,
possiamo rieducarci, con un po’ di buona volontà a ponderare con obiettività.
Gran parte dei pregiudizi sono
dettati dai condizionamenti che subiamo da tanto tempo e che alimentano un comportamento
qualunquista generalizzato.
Nella vita quotidiana possiamo
contare migliaia di volte in cui ci lasciamo andare a luoghi comuni triti e
ritriti, per comodità, per convenzione, per evitare di prendere una posizione.
Riportiamo osservazioni fatte da
altri e non verificate incuranti che possano screditare qualcuno.
Quasi temessimo un contagio, ci
scostiamo dalle persone che apparentemente non rientrano nei nostri parametri
di “bellezza”, intelligenza, prestigio sociale, ideologia mostrando un atteggiamento
polemico e critico, spostiamo il nostro interesse dai reali problemi, la
povertà, la legalità, la violenza, le altrui necessità, per non affrontarli. Non una critica
costruttiva volta all’approfondimento della conoscenza, ma un giudizio negativo
inappellabile e ingiustificato.
Già il primo giorno di lavoro
definiamo fannulloni colleghi mai conosciuti solo per sentito dire,
etichettiamo persone a causa delle loro idee anche senza averci mai parlato,
discriminiamo non solo per il colore della pelle, ma finanche quello di un
vestito, per l’aspetto esteriore, per l’odore, il modo di parlare, il modo di
muoversi o atteggiarsi, salvo poi sentirci emarginati o ingiustamente giudicati
quando ciò succede nei nostri confronti. E’ naturale, farsi una prima opinione
di fronte ad una persona od un avvenimento, è altresì naturale avere
primordiali istinti di repulsione o simpatia, sta nella nostra natura animale, dopo il primo momento però dovrebbe
seguire un ragionamento ed un’analisi razionale ed il nostro comportamento
essere conseguente a quella logica. Invece spesso non entriamo nel merito, rimaniamo esterni, in
superficie, galleggiando in un’acqua che - anche se sporca - ci garantisca di
rimanere a galla senza troppa fatica.
Delle cose vediamo quindi solo una
faccia, piana e priva di spessore, ignari e incuranti di quello che c’è sotto,
per pigrizia, indolenza, paura di esporsi con un’opinione fuori dal coro.
Con queste premesse spopola
quindi la generalizzazione e il qualunquismo ragion per cui secondo il comune
linguaggio, che poi diventa comune sentire dando la veridicità per scontata, la
violenza aumenta per colpa degli extracomunitari - che fra l’altro ci rubano il
lavoro e si accaparrano tutti i sussidi - per certi reati bisognerebbe
ripristinare la pena di morte, il tal ragazzo dalle movenze delicate di sicuro
è un gay, quella donna che sta abbracciando un amico è certamente fedifraga. Ma
qualcuno pensa prima di parlare? E’ più difficile ammettere l’ignoranza che
sopportare di esserlo.
Ogni persona ha il diritto al
rispetto della propria sfera privata e alla facoltà di essere e comportarsi
come vuole a patto che tale condizione non leda l’altrui diritto e l’altrui libertà;
la prima epidermica impressione non dovrebbe diventare un giudizio.
Obiettività vorrebbe che le
nostre valutazioni entrassero ponderatamente nel merito delle motivazioni che
muovono le persone e spingono il verificarsi degli eventi invece i nostri
giudizi non seguono affatto criteri di imparzialità ma cambiano a seconda del
soggetto cui si riferiscono, soprattutto se sono riferibili alla nostra persona.
La generalizzata superficialità e
la mancanza di approfondimento contribuisce a sviluppare un atteggiamento di
menefreghismo e di banalizzazione anche nei confronti di argomenti ben più importanti
e provocare nella società danni difficili da riparare. Il nostro comportamento è
il motore del mondo, ogni piccola cosa ha una causa e un effetto, è più
coerente chi dopo attenta riflessione cambia la propria idea che chi ne rimane
inflessibilmente ancorato a causa di dogmi, superstizioni, credenze popolari,
insomma vincolato a giudizi preconfezionati credendo di dar prova di una
fedeltà che non rispecchia nemmeno il propri reali concetti.