Era il giorno del mio matrimonio
e, per coerenza, non volevo sposarmi senza prima essermi liberata dagli ultimi
“peccati”.
Dopo essermi recata dalla parrucchiera per una semplicissima
acconciatura, sono entrata nella vicina Chiesa di Santa Maria di
Campagna.
Ho scelto quella chiesa perché non
era la mia ed era la più vicina altrimenti avrei rischiato di perdere per
strada il proposito di confessarmi. Un altro motivo era perché c’erano i frati,
solitamente più a contatto con la gente
e con la realtà, considerati quindi più
benevoli dei preti.
L’unica cosa di cui ero sicura
era che volevo Mario, lo amavo e vedevo la mia vita solo con lui che mi sposava
in Chiesa solo per amore mio, ma era ugualmente rispettoso del rito che lo
attendeva.
Entrata in quella Chiesa, intimidita dalla maestosità e dal buio violato qua e là da qualche
gioco di luce che dai vetri colorati penetrava e colpiva i dipinti sacri, cercavo
invano un frate, ma non era presente nessuno e i confessionali erano
vuoti.
Ho suonato il campanello apposito
per la chiamata dei fedeli che vogliono interloquire e dopo un po’ è arrivato.
Avevo già pensato, nel frattempo,
di scappare via, ma non potevo fare questo proprio il giorno del mio
matrimonio……
Ero timida, ma pensavo che non
fosse giusto sentirsi così a disagio, in fondo il compito della Chiesa è quello
di accogliere i peccatori, non di giudicare!
Poco dopo, nel confessionale, ero
alle prese con l’Atto di Dolore, preghiera che ho sempre avuto paura di
sbagliare e mi domandavo se in fondo queste convenzioni fossero così
necessarie, ma era venuta anche l’ora di confessare i miei peccati, ero venuta
per questo e sarebbe stato il massimo mentire proprio adesso, nessuno mi aveva
costretta!
Ovviamente confessai di non
essere più illibata e non ricordo le parole precise del frate, ma suonavano
all’incirca così: “Il vostro matrimonio inizia su basi sbagliate e non durerà”.
Non è stata certo la frase che mi
sarei aspettata di sentire, nonostante tutto ero una brava ragazza, 22 anni
appena compiuti, che si accostava al sacramento del matrimonio convinta e
innamorata.
Mi parve una frase cattiva,
crudele, che indicava un destino già segnato.
Non ricordo nemmeno la formula
dell’assoluzione, quasi non mi fosse stata data.
Mi era già capitato di non
sentirmi accolta, quella volta era un prete. Anche lui non mi conosceva.
Avevo insistito tanto perché il
mio fidanzato partecipasse ad una messa
domenicale e, quel giorno, ero riuscita a convincerlo ad entrare nella
bellissima chiesa di S. Francesco, dato che eravamo a passeggiare nel centro
storico della città.
Entrammo timidamente in chiesa a
messa iniziata e ovviamente rimanemmo in fondo.
La chiesa è piuttosto lunga per
cui la distanza fra noi e il parroco era notevole.
Ricordo di aver bisbigliato una
parola alle orecchie di Mario, contenta di averlo al mio fianco.
La voce possente del prete tuonò:
”Le persone che stanno lì in fondo e disturbano possono anche uscire”.
Non riuscivo a capacitarmi né di
come avesse fatto ad accorgersi che eravamo entrati, né di una parola detta
sottovoce, comunque non poteva che riferirsi a noi per cui uscimmo subito
increduli e offesi.
Forse non si può definire
cattolico chi non professa con tutti i crismi e i dettami prescritti la
religione, ma io so che se Mario è un ateo è l’ateo più somigliante ad un vero
cristiano che io conosca.
Comunque, tornando al 20 agosto
1983, nulla potè turbare il nostro giorno di nozze di cui oggi festeggiamo il 30° anniversario
per nulla scalfitto da alcun malaugurio!