martedì 28 ottobre 2014

PREGIUDIZI


Se analizzassimo con sincerità i meccanismi che alimentano il nostro pensiero e che spingono il nostro agire ci accorgeremmo che sono in gran parte dettati dal pregiudizio e dalla discriminazione anche se inconsapevole.
La discriminazione, da non confondere col sano discernimento, segno di accorta valutazione e attenta riflessione, ma al contrario, trattamento che crea disparità e disuguaglianze, emarginazione e penalizzazione, ancorchè non concretizzata con fatti brutali abbatte la qualità della vita favorendo un clima ostile e ripercussioni psicologiche negative sia nei confronti del discriminato che nei confronti di chi è costretto a subire situazioni che non condivide anche se non direttamente interessato.
Discriminazione, ancora da non confondere con l’errore di giudizio, esercizio di quotidiana e normale fallibilità umana, sbaglio che è impossibile correggere ed eliminare dall’elenco delle nostre imperfezioni.
I preconcetti invece sono giudizi costituiti prima di fare una valutazione oggettiva, generati su stati d’animo irrazionali e quindi si possono eliminare dal nostro modo di ragionare, possiamo rieducarci, con un po’ di buona volontà a ponderare con obiettività.
Gran parte dei pregiudizi sono dettati dai condizionamenti che subiamo da tanto tempo e che alimentano un comportamento qualunquista generalizzato.
Nella vita quotidiana possiamo contare migliaia di volte in cui ci lasciamo andare a luoghi comuni triti e ritriti, per comodità, per convenzione, per evitare di prendere una posizione.
Riportiamo osservazioni fatte da altri e non verificate incuranti che possano screditare qualcuno.
Quasi temessimo un contagio, ci scostiamo dalle persone che apparentemente non rientrano nei nostri parametri di “bellezza”, intelligenza, prestigio sociale, ideologia mostrando un atteggiamento polemico e critico, spostiamo il nostro interesse dai reali problemi, la povertà, la legalità, la violenza, le altrui necessità,  per non affrontarli. Non una critica costruttiva volta all’approfondimento della conoscenza, ma un giudizio negativo inappellabile e ingiustificato.
Già il primo giorno di lavoro definiamo fannulloni colleghi mai conosciuti solo per sentito dire, etichettiamo persone a causa delle loro idee anche senza averci mai parlato, discriminiamo non solo per il colore della pelle, ma finanche quello di un vestito, per l’aspetto esteriore, per l’odore, il modo di parlare, il modo di muoversi o atteggiarsi, salvo poi sentirci emarginati o ingiustamente giudicati quando ciò succede nei nostri confronti. E’ naturale, farsi una prima opinione di fronte ad una persona od un avvenimento, è altresì naturale avere primordiali istinti di repulsione o simpatia, sta nella nostra natura  animale, dopo il primo momento però dovrebbe seguire un ragionamento ed un’analisi razionale ed il nostro comportamento essere conseguente a quella logica. Invece spesso non  entriamo nel merito, rimaniamo esterni, in superficie, galleggiando in un’acqua che - anche se sporca - ci garantisca di rimanere a galla senza troppa fatica.
Delle cose vediamo quindi solo una faccia, piana e priva di spessore, ignari e incuranti di quello che c’è sotto, per pigrizia, indolenza, paura di esporsi con un’opinione fuori dal coro.
Con queste premesse spopola quindi la generalizzazione e il qualunquismo ragion per cui secondo il comune linguaggio, che poi diventa comune sentire dando la veridicità per scontata, la violenza aumenta per colpa degli extracomunitari - che fra l’altro ci rubano il lavoro e si accaparrano tutti i sussidi - per certi reati bisognerebbe ripristinare la pena di morte, il tal ragazzo dalle movenze delicate di sicuro è un gay, quella donna che sta abbracciando un amico è certamente fedifraga. Ma qualcuno pensa prima di parlare? E’ più difficile ammettere l’ignoranza che sopportare di esserlo.
Ogni persona ha il diritto al rispetto della propria sfera privata e alla facoltà di essere e comportarsi come vuole a patto che tale condizione non leda l’altrui diritto e l’altrui libertà; la prima epidermica impressione non dovrebbe diventare un giudizio.
Obiettività vorrebbe che le nostre valutazioni entrassero ponderatamente nel merito delle motivazioni che muovono le persone e spingono il verificarsi degli eventi invece i nostri giudizi non seguono affatto criteri di imparzialità ma cambiano a seconda del soggetto cui si riferiscono, soprattutto se sono riferibili alla nostra persona.
La generalizzata superficialità e la mancanza di approfondimento contribuisce a sviluppare un atteggiamento di menefreghismo e di banalizzazione anche nei confronti di argomenti ben più importanti e provocare nella società danni difficili da riparare. Il nostro comportamento è il motore del mondo, ogni piccola cosa ha una causa e un effetto, è più coerente chi dopo attenta riflessione cambia la propria idea che chi ne rimane inflessibilmente ancorato a causa di dogmi, superstizioni, credenze popolari, insomma vincolato a giudizi preconfezionati credendo di dar prova di una fedeltà che non rispecchia nemmeno il propri reali concetti.





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