venerdì 8 marzo 2013

ancora una festa per la donna




Stamattina, giornata della donna, mi sono soffermata a leggere un articolo di giornale relativo al prossimo Conclave.  Nonostante abbia sempre sperato nell'esistenza di un'Entità Divina che renda spiegabile quanto per noi incomprensibile nella  vita terrena, non riesco ancora ad avere fiducia in chi su questa terra la rappresenta. 
Non mi voglio dilungare sui problemi della Chiesa che tutti conosciamo, ma voglio esternare  un pensiero che  ogni donna avrà fatto almeno una volta. 
Che ruolo ha la donna nella Chiesa cattolica? Ha il ruolo che ha la figura femminile nella classica famiglia patriarcale, vittima del danno oltre che della beffa? 
Al di là della Santità innegabile di Maria, madre di Cristo, la quasi totalità delle donne cattoliche hanno per la Chiesa un ruolo di secondo piano. Sulla parità di diritti e doveri uomo-donna la Chiesa cattolica crea qualche confusione. Come è possibile che dopo più di 2000 anni il nostro ruolo sia ancora quello di perpetua? Nulla è cambiato in questo senso, la donna è ancora la pecorella smarrita da condurre all'ovile, è ancora destinataria di veti assoluti e indiscutibili. Tutto si perdona all'uomo in tonaca (che stranamente è apparentemente vestito da donna), anche senza confessione;  abusi e  soprusi inimmaginabili vengono nascosti o finiscono in breve nel dimenticatoio. 
Alla donna no,  nulla si perdona e nulla si permette e se si confessa è ad un uomo che lo deve fare.
Le prediche spesso puntano il dito ancora una volta sull'aspetto esteriore, sul suo comportamento, fermandosi alla superficialità dei fatti, negando in questo modo alla donna la libertà di essere se stessa pena pesanti ed ingiusti giudizi (ma la dottrina cattolica non dovrebbe bandire i giudizi?).Vedi a questo proposito l'esempio della recentissima cronaca  di La Spezia,  la lettera di Don Pietro Corsi rivolta alle donne e della quale è sufficiente il titolo per  capirne il tenore:
"Femminicidio: le donne facciano autocritica quante volte provocano?".
Le donne nella Chiesa non hanno mai potuto fare "carriera", il massimo che ti possano concedere è diventare suora, ma è meglio se è di clausura. Sappiamo benissimo in passato a cosa è servita la clausura delle suore, a tenere le donne fuori dalla comunità civile incarcerandole, salvo poi essere costrette a subire visite indesiderate dagli stessi ecclesiastici. Si, anche l'uomo a volte era costretto a diventare prete, ma più frequentemente si trattava di una scelta di opportunità, sarebbe stato considerato uomo di cultura, avrebbe goduto di potere, avrebbe mantenuto inalterate le proprie possibilità di espressione salvo la formalità del matrimonio. 
Non voglio dilungarmi in questo senso, non ne ho la  sufficiente preparazione, volevo soltanto sottolineare che ancora oggi le Suore di Santa Marta in Vaticano sono addette alla gestione della residenza per le loro eminenze: amministrazione, centralino, organizzazione della mensa ecc. 
Ancora oggi questa è la funzione cui viene relegata la donna; in una cosa però sarà pari ai cardinali che saranno chiamati a votare il nuovo Papa, saranno come loro chiamate a prestare formale giuramento di segretezza. 
Abbiamo fatto passi veramente da gigante, c'è di che vantarsene!

2 commenti:

  1. Interessante ... molto interessante la tua analisi... che condivido in pieno e aggiungo...una chiesa sorda ai richiami della società civile, chiusa nelle sue convenzioni ataviche è destinata a crescere dove regna l'ignoranza. non a caso dove trovano terreno fertile i fanatismi e l'estremismo? Dove non c'è conoscenza, dove la storia viene scritta a propria immagine e somiglianza, dove i fatti e le verità vengono violentati quotidianamente. Una chiesa che non sa aprire alle donne resterà per sempre preda delle sue paure e alle sue perversioni. Dubito che potrà accadere, purtroppo, e allora alle donne è chiesto ancora il sacrificio di lottare per imporre una dignità che la chiesa purtroppo calpesta.

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    1. Certo la soluzione del problema femminile non è ancora giunta nemmeno nella parte laica della società. A mio parere non è utile nemmeno l’adozione di provvedimenti a favore delle donne quasi fosse fauna da salvaguardare. Per fortuna non siamo in pericolo di estinzione ma dovremmo lavorare di più in prima persona e lottare per ottenere la considerazione che ci spetta. Le quote rosa per me sono una sorta di discriminazione sessista perché riducendo il problema dei diritti delle donne ad un fatto matematico ed elargendo una quota obbligatoria viene sminuito il reale valore della donna. E' come vincere una partita ed essere gli unici a gareggiare, avere diritto al posto facile perché non siamo in grado altrimenti. Mi pare che in ogni caso è sempre giusto che il metodo di valutazione sia il merito, di un uomo o di una donna non importa, ma l'opportunità di dimostrarlo deve essere concessa a tutti in egual modo. Raggiungere certe cariche dovrebbe essere una questione di merito, ogni cittadino dovrebbe dimostrare di essere in possesso di specifici requisiti obiettivi che trasalgano dalla sessualità. Ovviamente bisogna lavorare molto tutti insieme per sviluppare il senso civico, per diffondere una cultura che permetta veramente a tutti di avere pari opportunità e una quota rosa obbligatoria non mi pare che possa garantire l'equità senza premi nè per la partenza, nè per l'arrivo.

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