venerdì 31 maggio 2013

ISTRUZIONI SULL’ISTRUZIONE = D'ISTRUZIONE ALL’ITALIANA





Da sempre le forze politiche di qualsiasi tendenza hanno utilizzato come bandiera il riordino della scuola come cardine dei loro programmi,  perno attorno al quale far ruotare tutte le altre riforme sociali. La parola d’ordine è sempre stata istruzione per tutti, elevamento dell’obbligo, collegamento col mondo del lavoro. Invece di provvedere ad effettivi e sostanziali miglioramenti si è ottenuto un impoverimento di contenuti e di valori che hanno senz’altro contribuito a un progressivo abbassamento del livello culturale e un inesorabile esodo dalla scuola. Grave la situazione che si viene a creare quando le aspettative delle persone si riducono e a poco a poco ci si abitua alle negatività. Questa tendenza tutta italiana di appiattire e livellare le nostre prospettive, dove tutto ciò che capita diventa normale, dove tutto si risolve in apatica rassegnazione è assolutamente nemica della progressione e del miglioramento. Questo è il substrato in cui proliferano  le condizioni politiche in cui le decisioni,  invece di mirare al bene collettivo, propendono per interessi meramente personali o di campagna elettorale, hanno gioco le cosiddette norme all’italiana, imprecise, prolisse, numerose e a volte contradditorie.
Parlando di obbligo scolastico, in considerazione del fatto che dovrebbe essere considerato la conquista di una società civile, la Legge 20 gennaio 1999, n. 9 (Berlinguer) "Disposizioni urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione" prevedeva all’art. 1 che a decorrere dall'anno scolastico 1999-2000 l'obbligo di istruzione fosse elevato da otto a dieci anni. L'istruzione obbligatoria  gratuita e il progressivo innalzamento dell’obbligo di istruzione e formazione fino al diciottesimo anno di età per il conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale.
 Con il passaggio di ministero a Letizia Moratti l'innalzamento dell'obbligo scolastico venne annullato, mentre venne mantenuto l'obbligo formativo. Di fatto l’abrogazione della legge 9/99 ha perseguito una linea strategica ben precisa. 
Legge 28 marzo 2003, n. 53  all'art 2 comma c cita infatti: “è assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale”. Il diritto-dovere  sostituisce l’obbligo scolastico, che viene stemperato in una generica assicurazione del diritto all’istruzione e alla formazione per 12 anni. Per formazione si intende non solo la scuola e la formazione professionale ma anche l’apprendistato,  senza nessuna formazione garantita al di fuori di quella che è in grado di fornire l’azienda. Per respingere le accuse di chi vedeva nell'alternanza uno strumento di avviamento precoce al lavoro il testo della riforma Moratti specificava che le imprese avrebbero accolto gli studenti  “per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro”.
IL Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76 "Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53" all'art. 1 comma 3 infatti cita:“La Repubblica assicura a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, costituite dalle istituzioni scolastiche e dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, anche attraverso l'apprendistato di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi comprese le scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n.62, secondo livelli essenziali di prestazione definiti a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione” Si introduce qui chiaramente l'apprendistato come modalità di istruzione.
Con la prima legge Finanziaria del nuovo governo Prodi,  ministro Fioroni, attraverso l'art. 1 comma 622 della legge 296 del 2006 , l'obbligo scolastico è stato nuovamente innalzato a 10 anni e, in ogni caso, fino al sedicesimo anno di età. Di conseguenza l'età per l'accesso al lavoro è stata elevata a sedici anni ……….“L'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L'età per l'accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni. Resta fermo il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. L'adempimento dell'obbligo di istruzione deve consentire, una volta conseguito il titolo di studio conclusivo del primo ciclo, l'acquisizione dei saperi e delle competenze previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore, sulla base di un apposito regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e specifici previsti dai predetti curricula, possono essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole regioni percorsi e progetti che, fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell'assolvimento dell'obbligo di istruzione. Le strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi e progetti devono essere inserite in un apposito elenco predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione. ...."
In seguito il governo Berlusconi ha introdotto, emendando la legge 296 del 2006 attraverso l'articolo 64 della legge 133/08, la possibilità che l'obbligo scolastico, nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e specifici, sia assolvibile anche attraverso percorsi di istruzione o formazione professionale (apprendistato)……..«L'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e, sino alla completa messa a regime delle disposizioni ivi contenute, anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui al comma 624 del presente articolo».
Il Decreto Ministeriale 22 Agosto 2007, n. 139 infatti già citava:
Articolo 1
Adempimento dell'obbligo di istruzione
1. L'istruzione obbligatoria è impartita per almeno 10 anni e si realizza secondo le disposizioni indicate all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e, in prima attuazione, per gli anni scolastici 2007/08 e 2008/09 anche con riferimento ai percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui al comma 624 del richiamato articolo.
2. L'adempimento dell'obbligo di istruzione è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età, con il conseguimento dei quali si assolve il diritto/dovere di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76.
I governi Berlusconi, che si sono sempre arrogati il merito di aver elevato gli anni di obbligo, hanno di fatto provveduto - in maniera subdola - a ridurne la reale obbligatorietà introducendo la possibilità di conseguire l’assolvimento dell’obbligo scolastico nella formazione professionale e nell'apprendistato dopo il conseguimento del diploma della scuola secondaria di primo grado.
L’età per l’accesso al lavoro dai sedici anni  è tornata indirettamente ai 15 anni.
Al ministro Gelmini dobbiamo la Legge 30 ottobre 2008, n. 169 che fra l'altro modifica i metodi di valutazione dei ragazzi introducendo la valutazione del comportamento con attribuzione di un voto in decimi, espresso collegialmente dal consiglio di classe, che concorre alla valutazione complessiva delle studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso e all'esame conlcusivo del ciclo. Questo ha migliorato la scuola o ha reso la valutazione ancora più soggettiva?
Il MIUR, con circolare n. 14 del 23 gennaio 2012 relativa alle iscrizioni per il nuovo anno scolastico 2013/14 ha recepito il Decreto legislativo n. 167 del 14 settembre 2011 (Testo Unico sull'apprendistato), nel quale sono contenute le indicazioni per l'assolvimento dell'obbligo scolastico dei quindicenni. Secondo l'articolo 3 del Decreto, i ragazzi che hanno compiuto i 15 anni di età hanno la possibilità di assolvere l'obbligo di istruzione (anche coloro che non hanno conseguito la licenza media) tramite la stipula di un contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale. L’art 1 del TU dell’apprendistato definisce: “L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.”

 Pertanto non si può quindi di certo dire che i ragazzi in apprendistato non siano lavoratori!


Il D.Lgs. n. 167/2011, in applicazione della delega conferita dall’art. 1, comma 30, della L. n. 247/2007, come sostituito dall’art. 46, comma 1, della L. n. 183/2011, ha riformato la disciplina del contratto di apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un “Testo unico” di soli sette articoli. L’art. 7 del decreto, in particolare, introduce alcune disposizioni volte,
da un lato, ad assicurare il corretto svolgimento del rapporto di apprendistato e, dall’altro, a sanzionare eventuali condotte datoriali non in linea con alcuni principi che devono informare, ai sensi dell’art. 2 del Testo unico, tale tipologia contrattuale. Lo stesso art. 7 introduce inoltre alcune disposizioni volte a regolamentare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina consentendo soloper un periodo limitato la stipula di contratti di apprendistato secondo il previgente regime e solo a determinate condizioni.
Le norme contenute nel D.Lgs. n. 167/2011 ‘Testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247’, prevedono la possibilità di conseguire titoli di studio di competenza del sistema dell’IeFP (la qualifica professionale triennale oil diploma quadriennale), mediante il contratto di apprendistato, percorsi valevoli anche per l'assolvimento dell'Obbligo di istruzione, come da Legge 183/2010.
L’articolo 3 demanda la definizione dei profili formativi di questa tipologia di apprendistato alle Regioni e Province autonome, nell’ambito di un accordo da stipulare nella Conferenza Stato Regioni.
L'Accordo in Conferenza Stato-Regioni dei 27 luglio 2011, recepito con decreto interministeriale dell'11 Novembre 2011, integrato dall'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio 2012, istituisce, ai sensi dell'art . 18 del Decreto legislativo 226/2005, il Repertorio nazionale dell'offerta di Istruzione e Formazione Professionale e comprende figure di differente livello articolabili in specifici profili regionali sulla base dei fabbisogni dei territorio.
L’Intesa fra Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna e Assessorato Scuola del 09/01/2013 conviene di avviare i percorsi sperimentali di apprendistato per l’assolvimento dell’obbligo scolastico tramite gli Istituti Professionali statali compresi nella programmazione IFP. I profili formativi per l’apprendistato per la qualifica e la corrispondenza alle qualifiche professionali regionali conseguibili nel sistema di istruzione e formazione professionali già correlate con le figure nazionali sono stati regolamentati dalla Regione Emilia-Romagna con delibera n 775 dell’11/06/2012.
Peccato che i percorsi sperimentali di apprendistato per l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione di cui all’art. 3 del decreto legislativo 167/11 non siano ancora stati attivati.
In data 9 gennaio 2013 è stata chiesta agli Istituti scolastici di esprimere la propria disponibilità di massima all’attuazione di tale sperimentazione, il 22 aprile 2013 è stato chiesto di presentare ufficialmente la candidatura entro i 18 maggio e il 15 maggio ne è stato prorogato l’inoltro al 30 maggio, ovviamente con preghiera di risposta TEMPESTIVA.
Sono trascorsi 10 anni in cui le normative si sono moltiplicate in un intreccio inestricabile di regole che non hanno ancora portato a niente di veramente concreto, salvo l'esponenziale aumento di dispersione scolastica, esattamente l’opposto del risultato che si voleva raggiungere.
E’ ovvio che le situazioni di incertezza in cui l’esecutività di norme viene rimandata a provvedimenti, regolamenti, accordi successivi, producono lo stesso risultato che si avrebbe in assenza assoluta di norme, in questo caso l’abbandono della scuola da parte degli alunni ancorchè in obbligo.
In riferimento all’obbligo scolastico (D.M. 139/77) necessiterebbe chiarimenti la normativa relativa alla validità dell’anno scolastico ai sensi dell’art. 14, comma 7 DPR n. 122/2009 ed al certificato di competenza (D.M. 9/2010).
Ai sensi del DPR 122/09,  per procedere alla valutazione finale di ciascun alunno,  è richiesta la frequenza di almeno  tre quarti dell’orario annuale personalizzato ed il mancato conseguimento del limite minimo ne comporta l’esclusione dallo scrutinio finale.
Tale anno scolastico, non valido ai fini dell’esito finale, può essere considerato valido ai fini dell’assolvimento dell’obbligo scolastico? (fino a 16 anni a partire dal 2007/2008 ai sensi del D.M. 22 agosto 2007, n. 139 - non si sa più quale norma citare- con il quale è stato innalzato l’obbligo a 10 anni).
Non mi pare che alcuna normativa lo chiarisca esplicitamente, ma la logica vorrebbe di no, almeno la mia.
Un alunno che ha frequentato con esito finale 9 anni di scuola + 1 anno non valutato per ingiustificate assenze (oltre 1/4 dell’orario personalizzato) o per totale mancata frequenza, ha assolto l’obbligo scolastico?
A che pro è stato istituito l’obbligo di frequenza  (¾ dell’orario personalizzato+eventuali deroghe) ai fini della valutazione se poi l’anno viene considerato ai fini dell’assolvimento dell’obbligo scolastico come se  l’alunno avesse regolarmente frequentato senza ottenere la promozione all’anno successivo? Non mi risulta che alunni  non frequentanti abbiano normalmente valutazioni che consentano loro la promozione. Quale deterrente all’assenteismo può essere minacciare una bocciatura che avverrebbe comunque?
Quale significato vogliamo dare alla presenza a scuola?
La norma, così interpretata, non funge né da stimolo alla frequenza, né a formarsi la consapevolezza di di aver scelto un percorso di formazione non adatto a quel particolare alunno in quanto permette di ottenere comunque l’assolvimento dell’obbligo scolastico e l’ingresso nel mondo del lavoro (a patto di trovarlo!).
Comunque sia i ragazzi che non terminano il percorso dei 10 anni d’istruzione, anche in assenza di certificato di assolvimento, potranno perdere tempo fino ai 18 anni, età in cui non avranno più bisogno di tale certificazione, ma resteranno comunque senza alcuna prospettiva per il loro  futuro.
Nel caso in cui si ritienesse valutabile ai fini dell’assolvimento anche l’anno non effettivamente frequentato e quindi non valutato, sorgerebbe comunque il problema circa l’effettuazione del certificato delle competenze e la sua efficacia. Naturalmente questa decisione, in assenza di un chiarimento normativo, viene demandata al parere soggettivo dei Dirigenti Scolastici.
L’Art 1 comma 3 DM 9 del 27.1.10 cita: “i consigli di classe, al termine delle operazioni di scrutinio finale, per ogni studente che ha assolto l’obbligo di istruzione della durata di 10 anni, compilano una scheda, secondo quanto riportato nella seconda pagina del modello di certificato di cui al comma 1. Le schede riportano l’attribuzione dei livelli raggiunti, da individuare in coerenza con la valutazione finale degli apprendimenti…”
Questa certificazione, oltre ai livelli,  dichiara contemporaneamente l’assolvimento dell’obbligo.
L’Art. 1 comma 2 sancisce: “Per coloro che hanno compiuto il diciottesimo anno di età è rilasciata d’ufficio”
Nella nota esplicativa  inviata alle scuole con le indicazioni per una corretta compilazione del modello contenute in una nota scaricata dal sito intranet del ministero, datata 21 aprile 2010 e firmata dal Capo del Dipartimento Giuseppe Cosentino vi erano diverse precisazioni:
…omissis….
“•           Dovrà costituire l’unico modello di certificazione a partire dall’a.s. 2010-11” (cosa vuol dire?)
“•           il certificato è compilato per tutti gli studenti a conclusione dello scrutinio finale delle classi seconde della scuola secondaria superiore……….”
“•           per gli studenti che hanno compiuto il diciottesimo anno e che non sono stati scrutinati a conclusione della seconda classe le scuole rilasciano d’ufficio l’attestazione di proscioglimento……………” (non era più chiaro lo stesso DM?)

Mi pongo alcune domande:


  • dato che uno studente che ha ripetuto l’anno a seguito di una non ammissione ha compiuto ugualmente i 10 anni di frequenza, perché si parla di certificato delle competenze specificando “classi seconde della scuola superiore”?



  •    In sostanza a cosa serve questo certificato? Sarebbe utile saperlo dato che dovrebbe essere l’unico modello di certificazione, ma di cosa e per fare cosa? Se serve solo alle famiglie, mi sembra un po’ riduttivo e inutile.

  •   Se questo strumento è così importante per “favorire l’orientamento per la prosecuzione degli studi ………” e intende rispondere all’esigenza di assicurare alle famiglie informazioni sui risultati di apprendimento in competenze, perché ad es.  nelle competenze relative all’asse dei linguaggi, si fa riferimento alla sola prima lingua straniera.? In una scuola dove si studiano ben 3 lingue straniere ha senso che le competenze siano calcolate solo per l’inglese e che altre materie siano escluse dalla valutazione proprio nel certificato che dovrebbe essere unico e significativo?


  •  Gli alunni  con assenze superiori ad ¼  del monte ore annuale non possono essere valutati quindi il C. di C.  non procede allo scrutinio. Come si potrebbe compilare un certificato delle competenze quando non possono essere presi in considerazione nemmeno gli eventuali voti presenti? Sarebbe d’altronde riduttivo compilare un certificato a competenze zero in ogni  asse culturale. Che valenza avrebbe un simile certificato considerando che dovrebbe costituire un importante strumento atto a sostenere i processi di apprendimento e favorire l’orientamento per la prosecuzione degli studi?
Infatti la nota del Dipartimento dell’Istruzione prot. 1208 del 12/04/10  precisa che l’attestazione di proscioglimento dall’obbligo nel caso di “non scrutinio” a conclusione della seconda classe debba essere rilasciata al compimento del 18° anno.
Dato che il certificato di  proscioglimento  si rilascia a 18 anni  pare  ovvio che si voglia indirettamente  intendere  che non si possa rilasciare  l’assolvimento a chi - pur avendo compiuto i 16 anni - non sia stato scrutinato al termine del 10° anno di scuola, altrimenti basterebbe essere iscritti a scuola e - pur non frequentando – ottenere il certificato di assolvimento, nessuno avrebbe bisogno di ottenere il proscioglimento a 18 anni!

Il grave problema è che in tutto questo marasma chi ne fa le spese sono comunque i ragazzi. Forse qualcosa di buono nelle riforme c'è stato ma si fa molto fatica ad accorgersene in quanto invece di tendere al miglioramento del precedente, si punta a distruggere totalmente il vecchio per dare l'impressione di rinnovare. Migliorare vuol dire conservare il positivo ed eliminare il negativo in una visione complessiva non ristretta ma ampia e proiettata al futuro. Non si possono spacciare per riforme i tagli sulle spese per la cultura perpetrati da tutti i governi, Italia ultima in Europa negli investimenti per l'istruzione, non può sperare di uscire da questo baratro di profonda ignoranza che sfocia in una inevitabile inciviltà.
Tagli sul personale, riduzione delle classi, inevitabile innalzamento del rapporto alunni/docenti, carenze nei fondi d'istituto, strutture obsolete a rischio "sicurezza" e privatizzazioni producono una scuola che sta sempre peggiorando.
Sicuramente i calcoli statistici che tanto piacciono ai nostri ministeri potrebbero a capire qualcosa di più se non fossero utilizzati solo per riempire pagine e pagine di relazioni che nessuno analizza.
Ma al di là dei numeri che comunque indicano un pericoloso allontanamento dei ragazzi dalla scuola, secondo me, non contano tanto le tipologie di materie insegnate, il numero delle ore o degli anni di scolarità, quanto la qualità dell’insegnamento, degli stimoli che si inviano, la curiosità del sapere.
La scuola italiana ha un impatto negativo sugli studenti perchè propone insegnamenti ripetitivi, uniformati e poco flessibili che male si adattano alle richieste e agli interessi specifici ed individuali degli studenti.
I programmi scolastici obbligano ancora gli studenti ad uno studio nozionistico e mnemonico  poco attraente per ragazzi che per crescere hanno necessità di un confronto umano in un contesto che non li sminuisca ma che gli consegni le basi per il loro sviluppo, l'incoraggiamento e l'impulso verso una vera formazione che duri tutta una vita.







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